Il ruolo paterno è senza dubbio in grande fermento. Se ne parla negli ambienti psicologici, in quelli pedagogici e, non da ultimo, in quelli giuridici. La figura del padre è rapidamente cambiata, nell’arco di una o due generazioni al massimo. E’ raro che gli attuali nonni si ponessero il problema di passare del tempo con i figli o svolgessero compiti di cura, in genere totalmente affidati alla figura materna. I giovani padri sono “presenti”, accuditivi, spesso intercambiabili rispetto all’altro genitore. Eppure in psicologia si parla di “evaporazione del padre” (Recalcati, Cosa resta del padre?, Cortina, 2011) e un noto pedagogista sottolinea come l’identificazione del ruolo del padre sia una delle più grandi sfide dei nostri tempi: non più, per fortuna, padre-padrone, ma neppure “mammo” o “padre peluche” (l’espressione è di Novara, Dalla parte dei genitori, FrancoAngeli, 2009). Questo dibattito sulla figura paterna interessa anche il mondo del diritto. Il mutato ruolo del padre ha un sensibile impatto, infatti, anche nel momento della crisi familiare. Non a caso negli ultimi anni sono stati pubblicati testi e tenuti convegni aventi ad oggetto proprio la tutela del padre nella separazione. I nuovi padri vengono visti come soggetti da tutelare. E ciò in quanto essi vivono una situazione davvero peculiare. Da un lato continuano ad essere la parte della coppia genitoriale che maggiormente sopporta le conseguenze della separazione (basti solo pensare all’assegnazione della casa familiare, quasi sempre a favore della madre), dall’altro conoscono un nuovo senso di estromissione dalla cura quotidiana dei figli, cui erano abituati quando la famiglia era unita, e di conseguente sofferenza. In una società in cui le coppie separate sono in costante aumento, serpeggia una sempre maggiore insofferenza verso assetti percepiti come non più attuali (il collocamento prevalente dei figli presso la madre, l’assegno di mantenimento etc.). In questo contesto trovano spazio decisioni innovative da parte di alcuni tribunali, che aprono al collocamento presso il padre ovvero all’affido alternato (cioè con giorni paritetici tra madre e padre). E un discusso disegno di legge a firma del senatore Pillon (da cui prende il nome), che, forse nel tentativo di rimediare all’applicazione non sempre corretta della legge sull’affidamento condiviso, prevede essenzialmente che i figli passino con i genitori “tempo equivalente” e che venga abolito l’assegno di mantenimento. Nella “sfida del paterno” rientra senza dubbio anche un ripensamento delle soluzioni giuridiche sinora date alla crisi familiare, mediamente ancora troppo penalizzanti per i padri. Discutibile, però, è che la soluzione passi per una siffatta e generalizzata “divisione salomonica” dei figli, che prescinde dall’età, dal contesto, dalla storia dei singoli bambini e delle singole famiglie.